Il mito di Pietroburgo. Storia, leggenda, poesia by Lo Gatto Ettore

Il mito di Pietroburgo. Storia, leggenda, poesia by Lo Gatto Ettore

autore:Lo Gatto, Ettore [Lo Gatto, Ettore]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Feltrinelli
pubblicato: 2019-02-19T23:00:00+00:00


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Il cavaliere di bronzo, come abbiamo detto, fu pubblicato solo dopo la morte di Púškin nel 1837 e con i ritocchi apportativi da Žukòvskij. Il pubblico russo ne aveva conosciuto perciò fino ad allora soltanto l’Introduzione e anch’essa incompleta.

Quanta gente però aveva già gustato le due parti seguenti o per bocca dello stesso Púškin o per averne avuto tra mani una copia? Certamente gli amici piú intimi del poeta conobbero tutto il poema. Fra questi fu forse anche Gògol’, il geniale ucraino che, attratto dalla capitale nordica, aveva lasciato la sua terra assolata ed era giunto a Pietroburgo a languire di nostalgia – prima di trovare una seconda patria nell’Italia. Gògol’ aveva pensato che a Pietroburgo sarebbe cominciata la sua nuova vita: “Già m’immagino col pensiero di essere a Pietroburgo in un’allegra cameretta con le finestre sulla Nevà, come ho sempre desiderato. Non so se le mie previsioni si realizzeranno, e mi sarà dato di vivere proprio cosí in quel luogo paradisiaco.”

A Pietroburgo Gògol’ si trasferí nel 1828, ma il suo soggiorno nella capitale fu piuttosto, come egli stesso disse, “una tenzone tra il sogno e la realtà.” E incerto tra sogno e realtà fu lo sfondo pietroburghese ch’egli diede ad una serie di suoi racconti riuniti poi col titolo Racconti di Pietroburgo, quasi a contrasto con i Racconti ucraini del primo periodo. Ma la città lo obbligò a prender posizione, al di fuori di ogni fantasticheria, e a portare il suo contributo al contrasto tra Mosca e Pietroburgo divenuto quasi un luogo comune dopo che Púškin, quel contrasto, aveva già illuminato con i quattro versi ripetutamente citati:

E alla giovane nuova capitale

la madre Mosca la sua testa inchina,

come a nuova zarina la regale

vedova nella veste porporina.

Dalla lunga elencazione delle differenze tra la nuova e la vecchia capitale, che forma si può dire il nocciolo del primo dei due articoli dedicati a Pietroburgo nel 1836, Gògol’ trasse la conclusione con una frase che divenne ben presto una formula: “Mosca è necessaria alla Russia, ma a Pietroburgo è necessaria la Russia.” Ciò capovolgeva quel che l’orgogliosa Pietroburgo aveva pensato di sé; pure, per essere intesa a fondo andava integrata con l’altra affermazione gogoliana con cui si apriva il secondo articolo: “È difficile afferrare l’espressione generale di Pietroburgo.” Dunque per lo scrittore esisteva un’espressione generale anche se difficile da decifrare.7

Che in Pietroburgo vi fosse qualche cosa di diverso dalle altre città, Gògol’ l’aveva capito subito, forse appunto perché l’aveva sognata tanto; dopo il primo contatto senti che la città non era quale l’aveva immaginata; appena una settimana dopo l’arrivo da Nèžin aveva scritto alla madre in quei termini. Se Il cavaliere di bronzo fosse stato già scritto ed egli l’avesse allora conosciuto, forse se la sarebbe presa, come l’eroe del poema, con Pietro il Grande o almeno avrebbe evitato una delusione; ma poiché conosceva i poeti del sec. XVIII che avevano cantato la città come favolosa, il “contrasto tra il sogno e la realtà” fu per Gògol’ assai brusco. La realtà invero non



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